Mai come in questo periodo storico si sente parlare di enoturismo e lo si qualifica come settore chiave dal quale far ripartire l’economia del turismo.
Nel leggere queste considerazioni non posso che gioire dal momento che di questa passione voglio giungere a costruirne un sogno nonché un lavoro. Purtroppo però, ancora molta è l’inconsapevolezza che fare enoturismo non significa solo ritrovarsi liberamente in qualche cantina e degustarsi un calice dietro l’altro… C’è molto di più!
In sintonia con le finalità del Testo Unico della vite e del vino e con gli obiettivi delle politiche dei piani di sviluppo rurale regionali, il senatore Dario Stefano, in data 7 dicembre 2017, propone con il disegno di legge n° 2616 una disciplina per l’enoturismo.
Il disegno di legge 2616/2017 è suddiviso in dieci articoli:
- art. 1, fornisce una definizione esplicita di enoturismo;
- art.2, determina i requisiti necessari per l’abilitazione a svolgere attività enoturistica. Al comma 3 rimanda ad altre disposizioni per quanto riguarda la disciplina fiscale;
- art.3, fissa i requisiti necessari al fine di ottenere la certificazione dell’accoglienza e gli standard minimi di qualità;
- art.4, prevede la commercializzazione dei prodotti dell’impresa enoturistica;
- art.5, prevede un sistema di cartellonistica e arredo urbano per le cantine autorizzate a fare enoturismo;
- art.6, istituisce l’Osservatorio del turismo del vino nazionale e regionale, presso il MIPAAF;
- art.7, redige il Piano strategico nazionale di promozione dell’enoturismo;
- art.8, riconosce l’applicazione della medesima legge anche per le produzioni di olio di oliva;
- art.9, dispone la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano;
- art.10, conferma l’invarianza finanziaria a carico della finanza pubblica a seguito dell’attuazione della presente legge.

Iniziando dall’art.1 “definizione di enoturismo”, al primo comma viene per la prima volta considerato l’enoturismo “quale forma di turismo dotata di specifica identità”. Al secondo comma viene sancita la prima definizione di enoturismo con portata legislativa.
Con enoturismo o turismo del vino “si intendono tutte le attività di conoscenza del prodotto vino espletate nel luogo di produzione, quali visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, degustazione e commercializzazione delle produzioni vinicole locali, iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito delle cantine”.
La prima cosa che emerge da tale disposizione è certamente il riconoscimento di una cultura del vino. Elemento che da sempre è un simbolo culturale che si è evoluto nella storia, passando da fonte per la sopravvivenza a complemento culturale del cibo, fino a giungere come elemento della convivialità e del buon vivere.
Dal dettato normativo si devono considerare esclusi dalla disciplina dell’enoturismo gli imbottigliatori industriali. Soggetti interessati sono invece le cantine di aziende agricole dei territori dei vini Docg, Doc – Dop e Igt, Igp.
Tornando all’art. 1 del D.l. n°2616/2017, al comma 3, il legislatore per quanto concerne le attività di ricezione e di ospitalità, incluse le degustazioni dei prodotti aziendali e l’organizzazione delle attività ricreative, culturali e didattiche, rimanda al disposto di cui all’art.2 della “Disciplina dell’agriturismo”, legge n°96 del 2006.

Certificato di abilitazione all’esercizio dell’attività enoturistica
L’art.2, comma 1, del D.l. sull’enoturismo sancisce che “le aziende autorizzate a svolgere attività enoturistica devono rispondere a requisiti di certificazione e svolgere attività di accoglienza secondo parametri qualitativi individuati ai sensi dell’art.3 (…)”.
È necessario dunque un certificato di abilitazione, per il quale, al comma 2, è disposto siano le Regioni a disciplinarne le modalità per il conseguimento. A tal fine, è prevista la possibilità di “organizzare, attraverso gli enti di formazione del settore agricolo e in collaborazione con le associazioni enoturistiche più rappresentative, corsi di formazione e preparazione”.
Il secondo comma dell’art.3, stabilisce che sia compito del MIPAAF definire con decreto gli standard minimi di qualità per la certificazione della qualità dell’accoglienza. Si è così giunti al 16 aprile 2019, data in cui è stato pubblicato il decreto sull’enoturismo.
Nello specifico il decreto all’art. 2, intitolato “linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica”, prevede i requisiti e standard di servizio per gli operatori che svolgono attività enoturistiche, suddividendoli in undici punti.
Riguardo al personale addetto, deve essere “compreso tra il titolare dell’azienda o i familiari coadiuvanti; i dipendenti dell’azienda ed i collaboratori esterni”.
Gli altri requisiti richiesti per svolgere l’attività in questione, sono:
- l’apertura settimanale o anche stagionale di un minimo di tre giorni (compresi domenica, prefestivi e festivi);
- il sito o la pagina web dell’azienda;
- la specificazione della presenza di parcheggi all’interno dell’azienda o zone limitrofe;
- una cartellonistica che riporti i dati dell’accoglienza turistica, da affliggere all’ingresso dell’azienda;
- strumenti di prenotazione per le visite;
- materiale informativo sull’azienda e sui suoi prodotti, disponibile in almeno tre lingue;
- esposizione e distribuzione di materiale informativo inerente non solo ai prodotti vitivinicoli ma anche alle produzioni agroalimentari, alle attrazioni artistiche, architettoniche e paesaggistiche tipiche del territorio in cui è svolta l’attività enoturistica;
- ambienti adeguati e attrezzati per l’accoglienza;
- la degustazione del vino in cantina, deve essere effettuata con calici in vetro o comunque con materiale che non alteri le proprietà organolettiche del prodotto;
- le attività di degustazione e commercializzazione devono essere compiute da personale formato e competente, sempre compreso tra il titolare, i familiari, i dipendenti dell’azienda e i collaboratori esterni.

E’ inoltre prevista la possibilità di abbinare la degustazione del vino a prodotti agroalimentari, purché questi siano “freddi preparati dall’azienda stessa” e “prevalentemente legati alle produzioni locali e tipiche della regione in cui è svolta l’attività”.
Con il decreto in questione viene definito che le cantine interessate ad esercitare le attività di promozione e di conoscenza del vino, dall’entrata in vigore del decreto, saranno tenute a presentare una SCIA al comune di competenza. Per quanto riguarda il regime fiscale, all’attività enoturistica viene applicato quanto disposto dall’art.5 della legge 30 dicembre 1991, n° 413.
Jessica Rossetti
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