Decreto 6 maggio 2008 “Sistema di marcatura dei contenitori primari e secondari di caviale e registrazione delle ditte che producono o riconfezionano caviale”.

Partiamo con la definizione legislativa di caviale: “uova lavorate di specie appartenenti all’ordine Acipenseriformes (storioni e pesci spatola)“. Non solo, viene distinto il cosiddetto caviale pressato: ” caviale composto da uova di una o più specie appartenenti all’ordine Acipenseriformes, rimanente dopo la lavorazione e la preparazione di un caviale di più alta qualità“.

Per ottenere l’autorizzazione alla produzione del caviale, le aziende interessate sono tenute ad una serie di adempimenti. Vediamone qualcuno di interessante e sicuramente impegnativo.

Al di là delle classiche informazioni a scopo burocratico l’azienda interessata dovrà:

  • indicare la produzione media annua di storioni per ciascuna specie;
  • indicare il numero di femmine divise per classi di età e peso presenti in struttura;
  • indicare l’età e il peso minimi degli esemplari di ciascuna specie da cui è possibile produrre caviale;
  • indicare la stima della produzione annua di caviale ricavato da ciascuna specie riferito alla stagione produttiva (…)

Altro focus centrale di questo decreto è l’etichettatura.

L’etichetta deve recare il codice identificativo della specie, il codice della fonte e un codice unico identificativo della spedizione comprendente il codice ISO identificativo dell’Italia quale Paese di origine.

Deve indicare l’anno di produzione e raccolta e un numero unico che indichi la struttura di produzione, non solo, va indicato anche il numero di lotto identificativo del caviale corrispondente al singolo esemplare marcato. Esempio: TRA/C/IT/2004/XYZ/YYYYYY.

Perché è importante rispettare tutti questi parametri? L’art. 8 del decreto impone il divieto di importare, esportare o riesportare, sotto qualsiasi regime doganale, vendere, acquistare a fini commerciali, esporre per la vendita, detenere a scopo commerciale, offrire in vendita, trasportare per la vendita contenitori primari e secondari privi di un’etichettatura conforme a quanto stabilito dal decreto.

Sicuramente con questa normativa è rispettato il principio di tracciabilità ma, come in ogni settore purtroppo, vi sono alcune lacune.

Il regolamento (UE) n° 1379/2013 inerente all’organizzazione comune dei mercati della pesca e dell’acquacoltura, stabilisce che “al fine di consentire ai consumatori di fare scelte informate, è necessario che dispongano di informazioni chiare e complete, tra l’altro, sull’origine e sul metodo di produzione dei prodotti.” E’ inoltre stabilito che i consumatori devono essere informati riguardo:

a. la designazione commerciale della specie e il suo nome scientifico;
b. il metodo di produzione, in particolare con le seguenti parole “… pescato …” o “… pescato in acqua
dolce …” o “… allevato …”;
c. la zona in cui il prodotto è stato catturato o allevato e la categoria delle attrezzature da pesca utilizzate per la cattura
.

Dove sorge la lacuna vi chiederete? Ebbene, nonostante il caviale sia un prodotto legato alla pesca e all’acquacoltura, nel suddetto regolamento europeo non è menzionato, non garantendo così il principio di trasparenza e corretta informazione al consumatore.

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